La battaglia per i diritti delle donne. L’articolo sull’8 marzo scritto dalla stimata amica e collega Rosella Schiesaro.
La battaglia per i diritti delle donne. Un esame approfondito sui vari aspetti di questo importante tema.
Come ogni anno, l’8 marzo si celebra la Giornata Internazionale della Donna per ricordarci la lunga e complessa storia della lotta per i diritti di tutte le donne.
Ma se da un lato questa giornata celebra conquiste sociali, politiche ed economiche, dall’altro è impossibile non notare quanto il cammino verso la parità sia ancora disseminato di ostacoli, specialmente nel mondo del lavoro.
L’idea di una giornata internazionale dedicata alle donne nasce negli Stati Uniti nel 1909, con una prima celebrazione il 12 marzo.
In Italia si dovrà aspettare il 1922 perché questa ricorrenza venga ufficialmente istituita, mentre la scelta dell’8 marzo arriverà solo dopo la Seconda Guerra Mondiale, su impulso dell’Unione Donne Italiane.
Un evento spesso citato, anche se privo di un collegamento storico certo con la festa, è l’incendio della Triangle Waist Company di New York, avvenuto il 25 marzo 1911.
L’incendio al Triangle Waist Company di New York
In quella tragedia, 146 operai – in gran parte donne, tra cui 39 italiane – persero la vita tra le fiamme e il crollo della scala antincendio, in un contesto di sfruttamento feroce e totale assenza di diritti.
Un episodio che, simbolicamente, incarna le condizioni di lavoro disumane contro cui le donne hanno lottato per decenni.
Negli anni ‘70, il movimento femminista contribuì a rafforzare la portata simbolica dell’8 marzo, con battaglie cruciali per il diritto all’aborto, ottenuto nel 1978 e il divorzio, legalizzato nel 1970.
Nel 1975, proclamato dalle Nazioni Unite come l’Anno Internazionale delle Donne, la celebrazione dell’8 marzo divenne un’occasione globale di rivendicazione.
Eppure, nonostante oltre un secolo di lotte, la condizione femminile resta tutt’altro che risolta.
Lavoro e parità: il divario che non si colma
Il mondo del lavoro continua a essere il termometro più impietoso delle disuguaglianze di genere. In Italia, il tasso di occupazione femminile è tra i più bassi d’Europa: solo il 55% circa delle donne in età lavorativa ha un impiego, rispetto al 69% degli uomini.
Il divario è ancora più marcato nelle regioni meridionali, dove la percentuale di occupazione scende sotto il 40%.
A livello europeo, il gender gap italiano è tra i più ampi: la differenza tra occupazione maschile e femminile è del 23,2%, quasi il doppio della media UE (12%).
Anche nei ruoli dirigenziali, nonostante qualche segnale positivo, il percorso è ancora in salita.
Nel 2024, le donne rappresentavano il 36% dei manager in Italia, un dato in crescita rispetto agli anni precedenti e superiore alla media dell’Eurozona (35%).
Tuttavia, solo il 28% delle posizioni manageriali totali è ricoperto da donne, e questa percentuale scende al 18% nelle posizioni regolamentate da un contratto dirigenziale.
8 marzo: donne e Gender Pay Gap
La parità salariale è un altro traguardo lontano: il gender pay gap resta un problema strutturale.
A parità di mansione, una donna guadagna in media il 10,7% in meno rispetto a un uomo, con un divario che raggiunge il 27,3% nei ruoli dirigenziali.
In pratica, ogni anno una donna lavora l’equivalente di 40 giorni senza retribuzione rispetto ai colleghi uomini.
Un ulteriore problemi molto diffuso tra le lavoratrici italiane è la precarietà contrattuale.
Secondo i dati Inapp 2024, il 42% delle nuove assunzioni riguarda donne, ma il lavoro femminile è caratterizzato da una maggiore instabilità:
Il part-time involontario coinvolge quasi la metà delle lavoratrici (49,2%), contro il 27,3% degli uomini.
I contratti a tempo determinato rappresentano il 40,4% dell’occupazione femminile, con solo il 13,5% delle donne che riesce a ottenere un impiego stabile a tempo indeterminato (una percentuale addirittura inferiore a quella dei contratti stagionali, 17,6%).
La combinazione tra part-time e contratto a termine riguarda il 64,5% delle lavoratrici precarie, rispetto al 33% degli uomini.
Anche la maternità continua a rappresentare un rischio per la carriera femminile. Dopo la nascita di un figlio, il 16% delle donne lascia il lavoro, contro appena il 2,8% degli uomini.
Sul piano territoriale, il divario tra Nord e Sud è drammatico. Nel Mezzogiorno, il tasso di occupazione femminile è del 56,5%, ben 19,5 punti inferiore a quello maschile (76%).
Complessivamente, il tasso di occupazione totale è del 52,2% nel Sud, contro il 73,5% del Centro-Nord.
Violenza economica e femminicidi: la libertà negata

L’indipendenza economica non è solo una questione di parità lavorativa, ma anche di sicurezza.
Una ricerca Episteme del 2021 ha rivelato che il 37% delle donne in Italia non possiede un conto corrente, una percentuale che raggiunge il 100% tra le donne prive di istruzione superiore. Per confronto, solo l’8% degli uomini è nella stessa condizione.
L’impossibilità di gestire il proprio denaro può trasformarsi in violenza economica, una forma di controllo che impedisce alle donne di avere autonomia finanziaria, obbligandole a dipendere dal partner.
In molte situazioni di abuso domestico, la mancanza di risorse economiche è uno degli ostacoli principali alla possibilità di lasciare una relazione tossica.
E poi ci sono i femminicidi. Nel 2024, sono state 109 le donne state uccise in Italia da mariti o ex compagni, e nei primi mesi del 2025 le vittime sono già 9.
A livello internazionale, la guerra in Ucraina ha evidenziato un altro volto della violenza contro le donne: aumentano esponenzialmente le denunce di stupro contro donne di tutte le età, dalle bambine alle più anziane.
La guerra, ancora una volta, si dimostra un terreno di caccia per chi vede nel corpo delle donne un’arma di sopraffazione.
Oltre la retorica: un 8 marzo che sia davvero un punto di svolta
Ogni anno, l’8 marzo porta con sé una serie di dichiarazioni politiche, slogan e buoni propositi.
Ma la realtà racconta una storia diversa, fatta di disuguaglianze ancora radicate, di opportunità negate e di battaglie che sembrano non finire mai.
Se oggi celebriamo questa giornata, è perché c’è ancora bisogno di farlo.
Un po’ come succede con le specie protette: fino a quando hanno bisogno di tutela, significa che esiste ancora una minaccia.
Il vero auspicio è che, in un futuro non troppo lontano, l’8 marzo non sia più un giorno di rivendicazione, ma soltanto una data per ricordare un passato di ingiustizie ormai superate.
Quando le donne non dovranno più lottare per essere viste, ascoltate e rispettate, allora potremo finalmente dire di aver raggiunto uguaglianza e giustizia.
Nel frattempo, brindiamo: alla nostra storia, ai nostri diritti e alla libertà di scrivere il nostro futuro senza più ostacoli.
Di –> Rosella Schiesaro
Immagini da pixabay.com